mercoledì 20 febbraio 2008

De arte scriptoria

Nel panorama goliardico attuale ci si trova di fronte a una serie di interessanti posizioni relative ai documenti cartacei, e più in generale alla trasmissione di valori, informazioni, idee e progetti attraverso la scrittura.
Tali posizioni possono riassumersi in due grandi correnti di pensiero, entrambe bene o male riconducibili al pensiero socratico. La prima corrente la definiremo "talebana", la seconda "hegeliana" (senza offesa per Hegel, ma non trovavo termine migliore). La sintesi filosofica della corrente talebana si coglie facilmente nel topos propugnato dai suoi sostenitori, secondo cui "i documenti scritti sono carta da culo".
Per quanto riguarda la corrente "hegeliana", i suoi sostenitori si spingono a riconoscere il valore del documento scritto nei suoi aspetti pittoreschi, folkloristici, o di trait d'union sentimentale al passato, evitando però di assegnargli alcun peso o vincolo di carattere giuridico, morale o valoriale.
Abbiamo detto sopra che entrambe le correnti possono essere riconducibili all'istanza socratica della preferenza della trasmissione orale di informazioni e precetti. Ciò che qui intendiamo tentare è una ponderata disanima delle due posizioni, nella speranza che tramite essa si possa elevare il dibattito sul testo goliardico scritto e -perchè no- tentare una rivalutazione dell'opera di Gutenberg (e, prima ancora, di quella del popolo fenicio).
Iniziamo con un esame del pensiero talebano, provando a dare una valutazione dell'espressione sopra menzionata. Il francesismo "carta da culo", volgarmente detta carta igienica, e l'identificazione simbolica (si spera sia solo simbolica. Al momento non sono disponibili studi sulla correlazione tra sostenitori del pensiero talebano e il fenomeno delle emorroidi) tra questo e ogni forma di testo scritto di natura goliardica sono base di notevole attività ermeneutica. Infatti, secondo alcuni il fatto che ogni testo scritto sia considerato carta da culo è prova di una posizione estremista nei confronti della scrittura. Essa sarebbe considerata spregevole, al pari delle feci umane, poichè quella si deposita sul foglio così come queste (o i resti di queste) impregnano gli strappi del rotolo. Tale posizione, che nega quindi ogni valore alla scrittura, ha dei riferimenti filosofici di prim'ordine. Da Platone al pensiero cristiano a Cartesio a Hume, in tanti possono essere considerati alla radice di tanto sdegno per la materia (in questo caso materia fecale) e di tanto apprezzamento per l'idea pura, che non si lascia imprigionare nella forma scritta. Se questa interpretazione fosse valida, si porrebbero i seguenti problemi:

a) Com'è possibile tanto ascetismo nel mondo goliardico? Esso dovrebbe essere caratterizzato più da un nietzschiano "amore per la terra" che da un ascetico rifiuto della materia. A tale appunto molti talebani rispondono "c'è materia e materia", dimostrando con ciò perlomeno di non essere feluche bianche.

b) Se l'idea pura è apprezzata ma la sua estrinsecazione nella forma scritta non lo è, perchè mai dovrebbe esserlo l'estrinsecazione in forma orale? Si tratta in ogni caso di codici comunicativi di natura umana, che come tali (volendo accettare l'impostazione platonica) non sono perfettamente riproducibili dall'uomo. A questa seconda osservazione la maggior parte dei talebani replica con argomentazioni di natura minchilista, abilmente sintetizzate da alcuni nel cruciale principio "non mi rompere i coglioni", di fronte al quale purtroppo la nostra capacità euristica si arresta.
Alcune frange estreme, però, tentano una controargomentazione basata sulle tesi dell'incomunicabilità. Principi e idee non possono essere trasmessi, nè in forma scritta nè in forma orale, e vanno appresi autonomamente attraverso uno sforzo mistico che porti prima o poi all'improvvisa illuminazione omnicomprensiva dei principi ultimi. Tale mirabile posizione deve confrontarsi però con la realtà del mondo goliardico. "Eppur si parla", si potrebbe dire parafrasando il Galilei: ma allora che si parla a fare, se non serve a nulla? In effetti alcuni talebani, convinti dell'inutilità tanto della scrittura quanto della parola, si limitano a una limitata gamma di atti di comunicazione primaria, quali sghignazzi, grugniti e ruggiti. Questi servirebbero a mostrare all'interlocutore, astraendo dal logos e pressando sul piano emozionale, la verità ultima, cioè quella dell'incomunicabilità totale. Tra i sostenitori di questa posizione, alcuni non rinunciano all'utilizzo di alcune forme stereotipate di comunicazione verbale, ad es. l'ordinazione al Dominus, o l'invito a pagare rivolto all'interlocutore. Qualcuno poi, pur non rinunciando alle premesse ermetiche, adopera le corde vocali "in omaggio alla Tradizione" (vedi articoli collegati) sciorinando ai malcapitati l'elenco dei 16 milioni di colori dei manti e delle feluche di ogni Ordine di ogni bus del cul dello stivale. Siamo in quest'ultimo caso di fronte a profondi conoscitori del "newspeak" orwelliano (per ulteriori approfondimenti si rimanda a G.Orwell, "1984", in particolare l'"Appendice sulla Neolingua").

Di fronte a questa prima ermeneutica del pensiero talebano, sommariamente richiamata, scioriniamo le seguenti considerazioni:

1-E' assolutamente necessario istituire corsi serali di filosofia teoretica (e pure di logica, vah) per gli studenti universitari di ogni Ordine e grado.

2-Potrebbe essere utile inoltre un corso extracurriculare obbligatorio sulle differenze tra il pensiero zen e il razionalismo occidentale (corrente che ha contribuito, tra l'altro, a fondare Studia e Universitates che i talebani sembrano, almeno formalmente, apprezzare)

3-(per i manti nobilissimi) Un'utile cura per limitare la piaga dei cultori della Neolingua, aspiranti concorrenti di ipotetici "Chi vuol esser milionario" in salsa goliardica, potrebbe consistere nel variare ogni tanto, e in maniera totalmente casuale, colori delle insegne, nomi delle cariche e via dicendo, abbastanza rapidamente da non permetterne una facile memorizzazione a chicchessia.

La seconda ermeneutica della frase "i documenti scritti sono carta da culo" ribalta quanto abbiamo visto finora. Essa è un vero e proprio platonismo al contrario. I fogli di carta bianchi si riempiono dell'elaborazione intellettuale così come i rotoli di carta igienica si impregnano dell'elaborazione intestinale. Al tempo stesso, l'aere si riempirebbe di onde sonore, frutto ancora una volta di una nostra elaborazione. Essendo feci, scritti e parole frutti dell'uomo, meritano tutti la stessa dignità. Si potrà dubitare che questa posizione, per le conclusioni a cui giunge, rientri nel novero della scuola talebana. Ma se si prosegue nel ragionamento, il dubbio svanisce. Infatti la destinazione ultima di scritti e carta da culo è la stessa: lo scarico del water, e la cloaca. Ma allora, avendo scritti e parole la stessa dignità, anche queste ultime devono finire a farsi il bagno da qualche parte. Probabilmente alle parole spetta sorte migliore, poichè i talebani che sostengono tale ermeneutica preferiscono affogarle in Bacco, macerandole il tempo che basta a svuotarle di ogni significato, o quantomeno a renderle utili come presupposto di un piacevole e maschio combattimento in ordine sparso (che alcuni con un certo disprezzo moralizzatore chiamano "rissa"). Tale ermeneutica ci sembra un po' più vicina alle bettole di periferia che al mondo universitario, ma probabilmente chi la sostiene avrà condotto profondi studi su Pasolini, Baudelaire o Raffaele Viviani e li avrà fraintesi in qualche modo.




Prima di venire all'impostazione hegeliana, una considerazione di natura sociologica: è stato notato che l'apprezzamento per le posizioni talebane si ritrova perlopiù tra i giovani, mentre una discreta parte degli anziani tende a condividere le posizioni hegeliane. Comunque,il nostro rispetto per entrambe rimane il medesimo.
Un'ulteriore premessa: in questa sezione ci preoccuperemo solo di saggiare la consistenza delle argomentazioni hegeliane relativamente alla considerazione dei documenti intesi come fonti di diritto. In seguito faremo qualche ulteriore considerazione sul valore assegnato dagli hegeliani alla trasmissione orale di precetti e insegnamenti.

Secondo gli hegeliani non importa cosa sia scritto nei documenti. Certo, sono piacevoli da leggere, utili per sapere cosa accadeva tanto tempo fa, ma certo non possono costituire un vincolo giuridico. Questo perchè la storia procede e col passare del tempo ci si deve rifare a ciò che la storia ha prodotto, non ai documenti scritti, il cui valore può essere esclusivamente di natura storica.
Questa posizione ha un limite teorico che fino ad ora nessun hegeliano ha notato, probabilmente perchè non gli è mai passato tra le mani il testo di Nozick "Anarchia, stato e utopia" (e certo, se no mica li chiamavo hegeliani!). In questo libro Nozick formalizza la teoria del titolo valido, che vi sintetizzo molto brevemente come segue:

"Se si può dimostrare che lo status quo deriva dallo stato di natura, attraverso una successione di titoli validi consecutivi e senza interruzioni, ognuno dei quali è legittimo, allora lo status quo è legittimo"

[Adesso non voglio star qui a tediarvi, anche perchè ho fame e premura di terminare questo scritto. Se non avete capito la frase fatemelo sapere o, meglio ancora, leggetevi Nozick]

Allora, un hegeliano che dice "non puoi basarti solo sui documenti, la storia segue il suo corso", sta implicitamente ammettendo che in un momento del continuum storico dev'essersi verificata una discrasia tra documenti e atti. In altre parole ci dev'essere stato un atto illegittimo. Perchè se non ci fosse stato, i documenti dovrebbero essere correlati uno a uno con gli eventi storici. Certo non tutti i documenti, perchè molti sarebbero stupidaggini e scherzi come si conviene al mondo goliardico, ma dovrebbe essere possibile ritrovare ALMENO UNA SERIE di documenti storicamente consecutivi che giustifichi lo status quo. E finchè questo è possibile, la posizione hegeliana non ha senso. Se essa ha senso, allora vuol dire che cerca di giustificare un atto illegittimo avvenuto nel passato.

E su questa direi che è il caso di terminare...

Scrivete, scrivete, qualcosa resterà.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"... perchè dovesse essere così, nessuno sapeva dirlo. La parola "tradizione" giustificava tutto quanto, così come giustificava molte cose, alcune utili, altre assurde."

Isaac Asimov